Santo meno popolare del suo più giovane omonimo, con una storia completamente diversa, eremita il primo, francescano il secondo.
Eppure molte tradizioni regionali sono legate a questa data, per la caratteristica cerimonia religiosa in cui si benedicono gli animali, per i grandi falò che illuminano la notte invernale.
Campobasso ha la sua chiesa più antica dedicata a questo santo .
I campobassani doc sono detti "sant'antunari", la devozione a sant'Antonio si manifesta con l'accensione di un grande falò davanti alla chiesa, alimentato, un tempo, anche da tutti coloro che partecipavano, portando un ciocco di legno per renderlo più grande e luminoso. A sera, nel tornare a casa, si prendeva un pò di fuoco, non solo per scaldarsi e illuminare la strada, ma anche come atto di devozione.
Molti contadini in questa data erano soliti uccidere il maiale e, mentre " u povere cicche" stava appeso all'aria gelida della notte, si festeggiava lodando la bontà della carne, giocando a scopone, facendo "la passatella" e mangiando, tra un bicchiere e l'altro, lupini, olive e finocchi.
( da La Cucina Molisana vol.I)
Naturalmente a una tale devozione non poteva non essere legato anche un piatto tipico, ed è
IL piatto distintivo della cucina campobassana: Cavatielle e carne e' puorche.
E' un piatto di pasta caratterizzaro da un impasto di farina di semola e acqua condito con un sugo a base di carne di maiale, ricco e vario.
Si crea la pasta, anche qui un "laccio" come dice Patty, che, in questo caso, non viene lasciato lungo, i molisani sono "brevi" , un pò bruschi, tanto "montanari", come il territorio in cui vivono.
Il laccio si taglia, si lavora ancora ( si "cava" con uno, due, tre dita), da qui il nome, e ne viene fuori un formato un pò grezzo, anche poco elegante, ma capace di farsi avvolgere dal condimento ricco e saporito e di trattenerlo, grazie alla sua forma, per poi restituirlo nel momento del contatto con la lingua.
Questa la tradizione campobassana a cui voglio ispirarmi per partecipare alla nuova sfida dell'MTC,
Patty ci ha proposto un formato di pasta tipico della sua terra, la Toscana : i Pici.
Quando ho visto i pici non ho potuto evitare di pensare ai cavatelli.
Si direbbero fratelli separati alla nascita, queste due preparazioni.
Una si raffina, predilige una forma piacevole da vedere nel piatto, che richiede tempo nella preparazione, una buona manualità, l'altra và un pò più per le spicce, è più veloce, dà l'idea di donne impegnate anche nel lavoro dei campi e con poco tempo per le raffinatezze, ma ...siamo lì!
Non è la lunghezza a cambiare la sostanza e allora questa sarà la mia sfida, i cavatelli per una volta si fanno belli e diventano Pici, raccogliendo il sugo di carne e' puorche.
Pici e carne e' puorche
Riporto le precise e accurate parole di Patty per la preparazione di questo formato di pasta:
- 200 gr di farina 00
- 100 gr di farina di semola rimacinata
- 2 generosi cucchiai d’olio extra vergine
- 1 pizzico di sale
- acqua – qb –
Nota: La quantità di acqua è variabile dal tipo di farina che userete. In genere per questa quantità di farina un bicchiere o poco meno è sufficiente, ma sta a voi osservare quanta ne incorpora il vostro impasto per essere morbido e malleabile. La proporzione dell'uso delle 2 farine è sempre 2:1, ovvero due parti di 00 ed una di semola rimacinata che conferisce struttura all'impasto. In questa maniera non avrete bisogno di uova.
Fate la fontana con le due farine miscelate. Versate l’olio, il pizzico di sale e cominciate a versare lentamente l’acqua, incorporando la farina con una forchetta. Attenzione al sale. Non esagerate perché questo indurisce la pasta.
Quando la pasta comincerà a stare insieme, cominciate ad impastare con energia utilizzando il palmo delle mani vicino ai polsi. Se necessario, aggiungete acqua o farina.
Piegate la pasta su se stessa come quando impastate la pasta all’uovo e non stirate mai troppo l’impasto per non sfibrarlo. “Massaggiate” con energia per almeno 10 minuti. Ricordatevi che la vostra “palla” di pasta è una cosa viva, dovete volerle bene.Dovrete ottenere una pasta liscia, vellutata e abbastanza morbida.
Fate riposare una mezz’ora avvolta nella pellicola.
Quando la pasta è pronta, tagliatene un pezzetto e fatene una pallina, quindi sulla spianatoia stendetela con il matterello ad uno spessore di 1 cm. Con un tagliapasta o un coltello affilato, tagliate tante striscioline larghe c.ca 1 cm e coprite il resto della pasta con la pellicola affinché non si secchi.
Cominciate a "filare" i pici, rollando la pasta con il palmo delle mani e contemporaneamente stirandola verso l'esterno.
Quando si tirano pici molto lunghi, la tecnica è quella di tirarli da un lato tenendo l'altra estremità con il palmo e piano piano allungandoli fino ad esaurire la pasta. Una volta tirato il vostro picio, fatelo rotolare nella farina di semola o di fioretto affinché non si appiccichi agli altri. Una pasta morbida e riposata si tira con estrema facilità.
Per il ragù di maiale
- un "cacchio" ( un capo) di salsiccia di carne
- un "cacchio" di salsiccia di fegato
- 400 gr di "tracchiulelle" ( costine) di maiale
- 1/2 bicchiere di olio di oliva
- vino rosso
- una fetta di ventresca
- una cipolla
- 2 spicchi di aglio
- un "diavolillo" ( peperoncino piccante)
- un litro e mezzo di salsa di pomodoro
Affettate a velo la cipolla e mettetela insieme all'aglio, alla ventresca tagliata a tocchetti nella "tiella" di terracotta ( se la possedete) o in una pentola capace.
Unite le tracchiulelle, le salsicce e fatele rosolare a fuoco dolce.
Appena le cipolle sono imbiondite e i tocchetti di ventresca iniziano a fischiare, irrorate con il vino e fate cuocere la carne molto lentamente, bagnandola di tanto in tanto con un pò di vino
.
Aggiungete la salsa e "tirate" il ragù per circa due ore, girandolo con la "cucchiarella" ( cucchiaio di legno) per evitare che si attacchi sul fondo; il ragù sarà cotto quando avrà cacquistato una densità vellutata e la carne delle trachhiulelle comincerà a staccarsi dall'osso.
Lessare i pici in acqua bollente, salata, cuocere per 5 minuti , alla ripresa del bollore, non appena tornano a galla, assaggiare e scolare.
Condire con il ragù e volendo il diavolillo a pezzetti.
Loredana che bel post, quante tradizioni nel nostro paese e quante ricette!!!!!! La pasta è favolosa
RispondiEliminaGrazie, Mariangewla! :)
EliminaChe belle queste tradizioni e la tua ricetta é favolosa
RispondiEliminaChe bello scoprire e ri-scoprire le vecchie tradizioni :) Quella molisana legata a S.Antonio abate non la conoscevo. Dalle mie parti nel teramano in occasione del 17 gennaio si usano "li cellitt", una specie di ravioli dolci a forma di uccellino ripieni di marmellata, per ricordare il santo protettore degli animali. Hai fatto davvero un gran bel matrimonio tosco-molisano. Quei pici mio papà se li mangerebbe anche a colazione! Un bacione, buona giornata
RispondiEliminaIo invece non conoscevo li cellitt!
EliminaQuanto abbiamo da scoprire ancora!! :)
Lory sei stupenda! Quanto mi è piaciuto questo post! <3 Dato che adoro San Francesco, adoro gli animali e quindi anche S. Antonio abate.. come non essere felice di leggere di questa tradizione?? :D Complimenti per il piatto che hai realizzato.. di una bontà unica! :) E oggi doppia razione di semi al mio cricetino <3 Smuacck! Tvb!
RispondiEliminaGrazie Ely!
EliminaLoredana mi fai venire l'acquolina in bocca già di prima mattina... Che buoni:-) e buon S Antonio dunque:-) Vero che è meno noto ma non meno importante. un abbraccio
RispondiEliminaWOW! Senza parole... Un abbraccio, Sarah
RispondiEliminaMa quanto mi piaci? Ma quanto mi garbano questi piatti. Tu lo sai no che mi tocchi sul vivo? Io ci speravo in una ricetta del genere, in uno sposalizio tra Molise e Toscana (che è anche un po' il mio ;) eheheh) e non vi è occasione più giusta come quella della festa di S. Antonio. Il maiale ha un peso importante anche qui in Toscana ed il cavatello è parente al picio per la sua natura semplice e contadina. Inoltre anche qui, acqua e farina nulla più. Ti ringrazio Loredana perché le tue ricette mi emozionano ogni volta, sono pregne di tradizione e tu la racconti sempre con una grazia che mi incanta. Un fortissimo abbraccio, Pat
RispondiEliminabellissimo post loredana, veramente
RispondiEliminaBellissima l'introduzione del post, ci fai conoscere tradizioni e costumi sempre nuovi e interessanti!
RispondiEliminaHai preparato i pici, bravissima davvero! Adoro la pasta con il sugo di carne :D
Questo piatto è tutto mio!!! bacissimi
bbbbbbbbboniiiiiiii!!!... mò però che faccio con i miei pici al sugo di maiale???... e che voglio fare? esultare per avere avuto la stessa idea della maestra!!!... peccato non avere anche la stessa abilità, e te lo dico perché lo penso e perché è così e perché chi se ne frega se può sembrare la classica cosa che si dice!
RispondiEliminae poi questo è un vero piatto della tradizione, che ha dentro sapori e memoria. bella scelta e bel mix!
senti ma.... giusto un'insopprimibile pensiero della vegana che è in me... ma sicuro che sant'antonio protettore degli animali sappia della fine de "u povere cicche"??? ;DDD
:***
roberta
No, cara Roeberta, sicuramente il povero san'Antonio, nel suo deserto, neanche immaginava cosa avrebbe scatenato!!!! ;)
EliminaHai fatto benissimo a proporre quel condimento, direi che è la morte loro!!!!
... ecco, con le verze a Milano sarebbe quasi stata *cazzuoela*. Buoni i tuoi pici, con un sugo ricco e i stagione.
RispondiEliminaBella anche la tua introduzione che mi ha insegnato ancora una volta che le tradizioni si somigliano ma si distinguono tutte!
Nora
Ciao Loredana :) Quante cose ho imparato, che bello questo post! :) Ma lo sai che il dialetto molisano assomiglia molto a quello napoletano? Almeno da scritto... così mi sembra quando lo leggo! :) Ad ogni modo, piatto strepitoso, da fame immediata! :D Complimenti, un bacio grande e buon pomeriggio :**
RispondiEliminaIl MOlise subisce moltissimo l'influenza campana, anche nella cucina, oltre che nel dialetto.
Eliminaun affascinante documentazione per spiegare la ricetta complimenti
RispondiEliminaAnche a Pisticci si celebra la festa si S'Antonio Abate.
RispondiEliminaDomani, infatti, nella piazza in cui sorge la sua piccola chiesa, sarà acceso un gran falò dove verranno arrostire le castagne e le fave secche, verrà, anche, fatto bollire il vino cotto alla cannella e chiodi di garofano, mentre il prete procederà alla benedizione di tutti gli animali che sono stati portati in piazza per l'occasione.
E' davvero una festicciola carina, non solo perchè profuma ancora di tradizione, ma anche per la molteplicità di animali che portano, si va dal pesce rosso, all'istrice, al coniglietto ai più comuni cani e gatti.
Che dire del tuo piatto se non delizioso,sento l'odore di quel suogo ^_^ e poi ADORO la pasta fatta in casa ha un sapore divino!
Un bacione Lory Smack
Grazie, Marianna, è bello scoprire e riscoprire queste piccole feste quasi dimenticate!
EliminaMi piacciono molto le ricette tradizionali, qui sono riunite le ricette tradizionali di due regioni.
RispondiEliminaI pezzi per il ragù sono anche una sorta di "inno" al rito della macellazione del maiale.
E' vero, Fr@, l'uccisione del maiale era una specie di festae , in parte, lo è ancora!
Eliminae anche tu travolta dai pici! Complimenti carissima Loredana!
RispondiEliminaeheheh i pici di Patty hanno contagiato proprie tutte! :)
RispondiEliminama sono così buoni, che meritano davvero!!!!
dev'essere delizioso il ragù di maiale!!! mi piace :)
Ciao Loredana, grazie per aver ricordato "u fuoc de sant'Antuon" io quando vivevo a Campobasso abitavo difronte alla Chiesa e mi godevo lo spettacolo del fuoco dal balcone di casa. I cavatielle continuo a prepararli anche ora che abito a Parma e sono ottimi..li ho postati qui::http://solocosebuone.blogspot.it/2012/11/cavatelli-molisani.html
RispondiEliminaCiao! Annamaria
che bella ricetta mi piace
RispondiEliminaSei un fenomeno Loredana, sei riuscita eloquentemente a riunire le tradizioni di due regioni!!
RispondiEliminaDa molisana (e non solo) ti dico bravissima!!
Un bacione e a presto
Carmen
Grazie a tutte, ragazze!
Elimina..poi uno pensa ad un blog di cucina come ad un piccolo hobby, uno spazio personale dove si archiviano le proprie ricette e nulla di più... ma lo sai che se non fosse per te io non avrei mai saputo nulla della cucina delle tue parti? Delle sue tradizioni, del popolo che l'ha ispirata, del territorio che l'ha plasmata? Ogni tuo post, ogni tuo piatto è un canto- altissmo- alla tua terra: ed io invidio i Molisani e gli Abruzzesi, che possono contare su una voce cme la tu, che ogni volta dà vita alla loro storia, e lo fa in questo modo.
RispondiEliminaDi solito, sono emozioni, stavolta è commozione.
Un grazie enorme, come sempre, più di sempre
Alessandra, non ho parole per ringraziarti, sono io a commuovermi per i tuoi commenti! :)
EliminaQuesta ricetta è a dir poco strepitosa, trasuda bontà da ogni parte la si guardi! Braverrima cara!! Bacioni
RispondiEliminaMi piacciono sempre molto i riti della tradizione italiana, spesso legati alla religione e al buon cibo ed è un piacere vedere quanto amore e passione hai per la tua terra e la sua cucina.
RispondiEliminaAnche qui nei nostri Appennini si usa festeggiare questa ricorrenza e nel paesino dove il mio compagno ha una casa si usa far festa infatti.
Questo ragù è un vero inno al maiale, chissà che sapore!
Bellissimi i tuoi pici!
Bacioni,
Francy
Hai capito la tua ricetta per l'MTC!? che bella, bella la tradizione di Sant'Antonio, protettore degli animali e i festeggiamenti casalinghi! :)
RispondiEliminaTi bacio cara, a presto:**
La ricetta è fantastica, il piatto dev'essere gustosissimo e il post veramente bello...mi piace leggere insieme alle ricette anche dei bei racconti sulle loro origini e/o le proprie tradizioni! Brava, brava, brava!
RispondiEliminae cosi che qui li hanno mangiati domenica scorsa insieme ai cicatielli e si qua pure è tradizione 'o sug ca' carn e puorch co' 'e trecchiulelle hihiihihi buonissimo complimenti loredana
RispondiEliminaCiao carissima!
RispondiEliminaOggi si è Sant'Antonio ed in una chiesa in centro a Varese stamattina benedivano gli animali sul sagrato della chiesa ... che meraviglia c'erano tantissimi cani, qualche gatto ed addirittura un asino ... e stasera gran falò in un'altra piazza (così come in altre cittadine qua vicino ...).
Sono delle belle tradizioni e meno male che vengono ancora mantenute.
Hai fatto bene quindi a presentare questo piatto tipico cambiando solo il tipo di pasta ed adattandolo perfettamente al tema dell'MTC!
Brava cara Lory, non sbagli un colpo!!
Un bacioneeeeee
Un piatto davvero di sostanza che forse chi ha lavorato tutto il giorno nei campi si merita di certo più di me....però io impazzisco per le costine ed i sughi corposi....certo che la tua terra è fantastica!!!!
RispondiEliminaUn abbraccio ligure
Fabiana
what beautiful blog you have, love this!!
RispondiEliminalo sai vero che mi PICI tanto? :D mi piace molto questa tua ricetta e fa venire voglia di mangiare anche se sono solo le dieci :D
RispondiEliminaeccomi, finalmente a curiosare tra le ricette dell'MTC. e Loredana! caspiterina cosa ti trovo! un sugo molto importante, che mi verrebbe proprio voglia di assaggiare. Poi lo sai, io per le tradizioni impazzisco... un bacino e a presto, sere
RispondiEliminaBellissimo tutto: dalla devozione popolare fortemente innestata nelle tradizioni del territorio, a una ricetta gustosa che ha tutto il sapore dei tempi andati e lega il passato al presente.
RispondiEliminaBravissima come sempre, Loredana!!!
Loredana come sempre le tue ispirazioni danno vita a dei capolavori!
RispondiEliminaBellissimo questo piatto e la tradizione che hai voluto donarci di conoscere!