Il 17 gennaio si festeggia sant'Antonio Abate, protettore degli animali.
Santo meno popolare del suo più giovane omonimo, con una storia completamente diversa, eremita il primo, francescano il secondo.
Eppure molte tradizioni regionali sono legate a questa data, per la caratteristica cerimonia religiosa in cui si benedicono gli animali, per i grandi falò che illuminano la notte invernale.
Campobasso ha la sua
chiesa più antica dedicata a questo santo .
I campobassani doc sono detti "sant'antunari", la devozione a sant'Antonio si manifesta con l'accensione di un grande falò davanti alla chiesa, alimentato, un tempo, anche da tutti coloro che partecipavano, portando un ciocco di legno per renderlo più grande e luminoso. A sera, nel tornare a casa, si prendeva un pò di fuoco, non solo per scaldarsi e illuminare la strada, ma anche come atto di devozione.
Molti contadini in questa data erano soliti uccidere il maiale e, mentre " u povere cicche" stava appeso all'aria gelida della notte, si festeggiava lodando la bontà della carne, giocando a scopone, facendo "la passatella" e mangiando, tra un bicchiere e l'altro, lupini, olive e finocchi.
( da La Cucina Molisana vol.I)
Naturalmente a una tale devozione non poteva non essere legato anche un piatto tipico, ed è
IL piatto distintivo della cucina campobassana:
Cavatielle e carne e' puorche.
E' un piatto di pasta caratterizzaro da un impasto di farina di semola e acqua condito con un sugo a base di carne di maiale, ricco e vario.
Si crea la pasta, anche qui un "laccio" come dice
Patty, che, in questo caso, non viene lasciato lungo, i molisani sono "brevi" , un pò bruschi, tanto "montanari", come il territorio in cui vivono.
Il laccio si taglia, si lavora ancora ( si "cava" con uno, due, tre dita), da qui il nome, e ne viene fuori un formato un pò grezzo, anche poco elegante, ma capace di farsi avvolgere dal condimento ricco e saporito e di trattenerlo, grazie alla sua forma, per poi restituirlo nel momento del contatto con la lingua.
Questa la tradizione campobassana a cui voglio ispirarmi per partecipare alla nuova sfida dell'
MTC,
Patty ci ha proposto un formato di pasta tipico della sua terra, la Toscana : i Pici.
Quando ho visto i pici non ho potuto evitare di pensare ai cavatelli.
Si direbbero fratelli separati alla nascita, queste due preparazioni.
Una si raffina, predilige una forma piacevole da vedere nel piatto, che richiede tempo nella preparazione, una buona manualità, l'altra và un pò più per le spicce, è più veloce, dà l'idea di donne impegnate anche nel lavoro dei campi e con poco tempo per le raffinatezze, ma ...siamo lì!
Non è la lunghezza a cambiare la sostanza e allora questa sarà la mia sfida, i cavatelli per una volta si fanno belli e diventano Pici, raccogliendo il sugo di
carne e' puorche.
Pici e carne e' puorche
Riporto le precise e accurate parole di Patty per la preparazione di questo formato di pasta:
-
200 gr di farina 00
-
100 gr di farina di semola rimacinata
-
2 generosi cucchiai d’olio extra vergine
-
1 pizzico di sale
-
acqua – qb –
Nota: La quantità
di acqua è variabile dal tipo di farina che userete. In genere per questa
quantità di farina un bicchiere o poco meno è sufficiente, ma sta a voi osservare quanta ne
incorpora il vostro impasto per essere morbido e malleabile.
La
proporzione dell'uso delle 2 farine è sempre 2:1, ovvero due parti di
00 ed una di semola rimacinata che conferisce struttura all'impasto. In
questa maniera non avrete bisogno di uova.
Fate la fontana con le due farine miscelate. Versate l’olio,
il pizzico di sale e cominciate a versare lentamente l’acqua, incorporando la
farina con una forchetta. Attenzione al sale. Non esagerate perché questo
indurisce la pasta.
Quando la pasta comincerà a stare insieme, cominciate ad
impastare con energia utilizzando il palmo delle mani vicino ai polsi. Se
necessario, aggiungete acqua o farina.
Piegate la pasta su se stessa come quando impastate la pasta
all’uovo e non stirate mai troppo l’impasto per non sfibrarlo.
“Massaggiate”
con energia per almeno 10 minuti. Ricordatevi che la vostra “palla” di pasta è
una cosa viva, dovete volerle bene.
Dovrete ottenere una pasta liscia, vellutata e abbastanza
morbida.
Fate riposare una mezz’ora
avvolta nella pellicola.
Quando la pasta è pronta, tagliatene un pezzetto
e fatene una pallina, quindi sulla spianatoia stendetela con il matterello ad
uno spessore di 1 cm. Con un tagliapasta o un coltello affilato, tagliate
tante striscioline larghe c.ca 1 cm e coprite il resto della pasta con la
pellicola affinché non si secchi.
Cominciate
a "filare" i pici, rollando la pasta con il palmo delle mani e
contemporaneamente stirandola verso l'esterno.
Quando
si tirano pici molto lunghi, la tecnica è quella di tirarli da un lato tenendo
l'altra estremità con il palmo e piano piano allungandoli fino ad esaurire la
pasta. Una volta tirato il vostro picio, fatelo rotolare nella farina di semola
o di fioretto affinché non si appiccichi agli altri. Una pasta morbida e
riposata si tira con estrema facilità.
Per il ragù di maiale
- un "cacchio" ( un capo) di salsiccia di carne
- un "cacchio" di salsiccia di fegato
- 400 gr di "tracchiulelle" ( costine) di maiale
- 1/2 bicchiere di olio di oliva
- vino rosso
- una fetta di ventresca
- una cipolla
- 2 spicchi di aglio
- un "diavolillo" ( peperoncino piccante)
- un litro e mezzo di salsa di pomodoro
Affettate a velo la cipolla e mettetela insieme all'aglio, alla ventresca tagliata a tocchetti nella "tiella" di terracotta ( se la possedete) o in una pentola capace.
Unite le tracchiulelle, le salsicce e fatele rosolare a fuoco dolce.
Appena le cipolle sono imbiondite e i tocchetti di ventresca iniziano a fischiare, irrorate con il vino e fate cuocere la carne molto lentamente, bagnandola di tanto in tanto con un pò di vino
.
Aggiungete la salsa e "tirate" il ragù per circa due ore, girandolo con la "cucchiarella" ( cucchiaio di legno) per evitare che si attacchi sul fondo; il ragù sarà cotto quando avrà cacquistato una densità vellutata e la carne delle trachhiulelle comincerà a staccarsi dall'osso.
Lessare i pici in acqua bollente, salata, cuocere per 5 minuti , alla ripresa del bollore, non appena tornano a galla, assaggiare e scolare.
Condire con il ragù e volendo il diavolillo a pezzetti.